Strategie "evidence-based" per soluzioni spaziali alternative

I progettisti hanno da decenni capito l'importanza del dato scientifico per dare una validità oggettiva e non arbitraria allo spazio costruito. Abbiamo già parlato di come le neuroscienze abbiano dato, e continuino a dare, un forte contributo al filone dell’evidence-based design.

In questo momento però si sente il bisogno di un ulteriore supporto di dati attendibili, perché l’avvento della recente pandemia rende centrale il concetto di benessere legato alla salute fisica e alla sopravvivenza.

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La Space Syntax è disciplina che nasce come strumento di progettazione in scala urbana, per prevedere e valutare le complesse relazioni tra la società e il tessuto del territorio, e che ultimamente sta dimostrando di essere uno strumento affidabile anche nel campo della progettazione architettonica e degli interni.

Questa nuova disciplina eredita i temi della ricerca di Kevin Lynch appartenenti al secolo scorso, facendosi interprete di quella già dimostrata sua diffidenza nei riguardi di “una astrazione intellettuale della cultura umanistica”, e della “limitazione all’ambito interpretativo o descrittivo e l’incapacità di tradursi in reali suggerimenti di lavoro” (1).
Lynch, infatti, aveva già intuito che l’assetto formale della città è sì un fenomeno estetico, ma soprattutto il risultato di un fenomeno umano e naturale che si riconduce alla sua esperienza percettiva. Ed è proprio sull’analisi sull’esperienza visiva, legata alle connessioni e alle percorrenze dello spazio stesso, che si imposta questa nuova tecnica analitica.

La Space Syntax nasce come approccio di mera lettura dello spazio capace di semplificare la complessità, di discretizzare il caos fenomenologico, e di tradurre in numeri, codici, grafici quelle che sembrerebbero caratteristiche qualitative e descrittive. La disponibilità di dati piuttosto che di valutazioni descrittive e soggettive, è molto rassicurante dal momento che c’è molta esigenza di affidabilità nelle previsioni, nelle valutazioni e decisioni da prendere.

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Per comprendere l’importanza dell’approccio sintattico dello spazio bisogna partire dal postulato che le configurazioni spaziali di un edificio contengono molte più informazioni di quello che siamo abituati a scorgere, e che fattori quali partizioni, corridoi, accessi da un compartimento ad un altro definiscono non solo configurazioni planimetriche e distributive, ma stabiliscono delle relazioni di vantaggio o di svantaggio tra utenza e spazio e rispetto ad un determinato obiettivo. Se l’obiettivo cambia è possibile che vantaggi si trasformino in svantaggi, e viceversa. Cio’ che rimane uguale è il dato che quantifica, che descrive le relazioni e le gerarchie, e che lascia al progettista la scelta di virare verso un tipo di interpretazione o l’altro.

Kerstin Sailer, un’architetta-sociologa ricercatrice alla Bartlett School of Architecture di Londra, che si interessa dei comportamenti umani negli edifici, sottolinea che questo approccio numerico non è parte di una scienza esatta ma è una metodologia che può essere di grande supporto alla progettazione tradizionale, senza sostituirla integralmente.

L’elemento base dell’approccio è l’isovist, un poligono bidimensionale (potrebbe anche essere tridimensionale) la cui area, ottenuta dalle proiezioni di un punto scelto in determinate direzioni, esprime le caratteristiche del punto scelto rispetto alla visibilità, al controllo, alla connettività con il contorno, sia in forma attiva che passiva. I numeri legati alle caratteristiche di questi grafici esprimono tendenze che acquisiscono accezioni negative o positive dipendentemente dagli obiettivi e dalle finalità dell’analisi.

Questo approccio si basa sulla consapevolezza che lo spazio costruito è complesso e profondamente dinamico, e non perché è trasformabile strutturalmente, ma perché cambiano le percezioni rispetto ad una stessa situazione, oppure perché si trasformano i valori di riferimento e le priorità.

Da https://www.slideshare.net/kerstinsailer

Da https://www.slideshare.net/kerstinsailer

La figura adiacente è tratta da una ricerca del 2012 su un edificio destinato al lavoro di ricerca, ed evidenzia come l’inserimento di un attrattore, cioè un distributore del caffè, in un’area emarginata del piano (punto C), sia capace di trasformare i pattern di movimento, e rivitalizzare accessi a stanze altrimenti nascoste. Questo prova che gli occupanti di un edificio seguono un criterio di traffico non solo legato alle funzioni programmate, ma anche alle opportunità indotte da interventi postumi.

Attrattori o repulsori, aperture o barriere, divisioni di flussi o convergenze, sono alcuni criteri di codifica che aiutano a controllare la complessità. Stiamo parlando di un’analisi della struttura spaziale che può analizzare fattori eterogenei a monte di micro dinamiche, e mettere in relazione i drivers psicologici e comportamentali derivanti dall’environmental psychology con gli aspetti più funzionali e tipici dello Space Syntax.

A tale riguardo un esempio importante è lo studio pubblicato nei Proceedings del Space Syntax Symposium nel 2017, che riguarda l’analisi e il confronto tra più layout di coffe bar. In questo studio si incrocia la teoria psicologica del Prospetto-Rifugio - accreditata anche dal design biofilico - con l’attrattore spaziale rappresentato da una bella vista e la preferenza del tipo di seduta .

Si è notato come, in alcune specifiche situazioni, la scelta della posizione che offre maggiore controllo unitamente a una maggiore privacy, risulti prioritaria rispetto alla maggiore piacevolezza del luogo e/o alla comodità del tipo di seduta.

Naturalmente ogni tipologia di edificio definisce le priorità e gli obiettivi dell’analisi e degli interventi.

Per gli ospedali la chiave di lettura fondamentale è il controllo dei flussi per ridurre le probabilità di contagio, e quindi separare i tragitti tra diversi membri dello staff e consentire, simultaneamente, la comunicabilità a distanza e in tempi veloci. Nei tribunali, invece, la vicinanza fisica non è poi tanto un punto critico quanto la possibilità che le fazioni opposte abbiano di comunicare o solo di incrociare gli sguardi.

In questa nuova realtà post-pandemica, che impone anche nei luoghi di lavoro regole progettuali antitetiche a quelle precedenti, quali il distanziamento e le nuove misure di sicurezza, tecniche analitiche basate sui dati, capaci di rivalutare il potenziale sociale e comunicativo di uno spazio e di promuovere un rinnovato senso di fiducia, sono di grande aiuto. I numeri, si sa, sono dati rassicuranti di supporto nelle previsioni e per le decisioni da prendere, quindi disporre di un approccio scientifico, che ci aiuta a anticipare i movimenti, le aspettative ed i comportamenti degli utenti in modo non meramente descrittivo, è di sicuro un grande vantaggio.

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I luoghi lavorativi ora più che mai sono principalmente opportunità di collaborazione e confronto, soprattutto in vista di un coordinamento con il lavoro svolto da casa. L’approccio sintattico progettuale potrebbe essere di grande aiuto per non lasciare che nuovi requisiti per la sicurezza ci riportino indietro al concept rigido della compartimentazione.

Nota1. Tratto dall'introduzione di Gian Carlo GUarda in "L'immagine della città" di Kevin Lynch.






Può lo spazio accordarsi meglio ai nostri ritmi biologici?

Lo spazio costruito non è contenitore passivo delle nostre azioni ma è un elemento importante che plasma le nostre esperienze di vita, piccole o grandi che siano. Il connubio tra scienze e architettura è espressione di questa acquisita consapevolezza, e la ricerca applicata, dapprima concentrata su fattori ambientali più semplici, quali geometrie, luci, tessiture, si è poi anche rivolta ai sistemi più complessi, come i layout di arredo e la distribuzione degli spazi, per considerare gli aspetti relazionali e sociali oltre a quelli individuali. Esiste, però, un ulteriore aspetto che la progettazione architettonica ha ancora da mettere a fuoco, e cioè la dinamicità e la ciclicità che caratterizza la quotidianità dell’essere umano, espressione di una evoluzione millenaria nel sistema-natura e rispetto al quale lo spazio costruito deve fungere da interfaccia.

.Photo by Bill Oxford on Unsplash

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Il design biofilico è stato il primo settore a capire l’importanza che ha per l’uomo mantenere una continua connessione con gli eventi naturali, oltre che con i suoi elementi, insistendo sulla consapevolezza di essere parte integrante di un sistema armonico, ciclico, ma anche in continua evoluzione.

L’organismo umano ha integrato dentro di sé un sistema di orologi interni estremamente complesso, che segna e influenza il ritmo delle sue principali attività giornaliere. E’ anche vero il contrario, cioè che sono i segnali ambientali esterni, tra cui l’avvicendarsi del giorno e della notte, ad aiutare l’uomo a resettare questo orologio, assicurando il suo buon funzionamento.

Il ritmo circadiano, che è riconosciuto essere l’orologio principale, è un processo endemico che controlla non solo l’alternarsi del ciclo sonno/veglia, ma anche altri “orologi periferici”, cioè quelli relativi a organi e apparati meno evidenti ma altrettanto importanti. Pensiamo alle ghiandole deputate al rilascio degli ormoni, all’apparato digerente, oppure al sistema nervoso che regola le onde cerebrali, tutti sistemi responsabili dei cambi di umore e degli stati mentali.

Questi cicli non seguono tutti lo stesso periodo di 24 ore (si parla infatti di ritmi ultradiani e ritmi infradiani) ma si tratta sempre di fenomeni pulsanti, che seguono un andamento sinusoidale e mai costante .

Possiamo quindi asserire che il ritmo è un elemento fondamentale della nostra vita ? E che gli equilibri di uno stile di vita salubre sono spesso inficiati da soluzioni architettoniche statiche, ferme e indifferenti a quelle che sono le nostre diverse predisposizioni fisiologiche?

Come funzioniamo al meglio durante la giornata

Come funzioniamo al meglio durante la giornata

Il ritmo circadiano è un fenomeno che può funzionare a prescindere dai fattori esterni, seguendo il “free running”, ma questo sfasamento può causare, nel breve termine, stanchezza e irritabilità, e con il tempo e la ripetitività dell’errore, porta inesorabilmente alla formazione di malattie croniche gravi.

La cosiddetta luce blu del mattino (luce melanopica) che ci sveglia inibendo la produzione di melatonina, attiva indirettamente il rilascio di una serie di ormoni quali il cortisolo, la serotonina, la dopamina, il testosterone, ciascuna seguendo un andamento sinusoidale con tempi e durate diversi.

Certamente anche l’alimentazione ed il movimento sono elementi esterni responsabili della regolazione dell’orologio biologico, ma la luce rimane il principale stimolo.

Il cortisolo, con un andamento sinusoidale sfasato rispetto alla melatonina, ci predispone ad uno stato di allerta e a ottime capacità cognitive nel tardo mattino. Il pomeriggio, di contro, ci concede, per l’aumento di temperatura, un miglioramento delle capacità reattive e di coordinamento. La forza muscolare raggiunge il massimo livello poiché aumenta la velocità di propagazione degli stimoli nervosi e del metabolismo, facilitando la produzione di energia e migliorando la prestazione fisica. Succede poi che nella tarda serata la temperatura corporea incomincia a calare, e anche la diminuzione della luce naturale aiuta nel rilascio di melatonina e ci prepara al sonno.

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Detto questo sembra piuttosto logico dedurre che la nostra giornata, lavorativa o di studio, dovrebbe essere scandita da attività e da spazi che tengano presente le nostre dinamiche predisposizioni mentali e fisiche.

Alcuni recenti documenti istituzionali emanati con il patrocinio dell’OMS, quale il Piano d’Azione Globale, promuovono una maggiore consapevolezza per stili di vita più salubri, e abbozzano linee guida per l’innovazione delle organizzazioni lavorative, sia nell’ambito degli uffici destinati ai cosiddetti “colletti bianchi” che degli ambienti destinati al lavoro manovale. Sono esplicitamente condannate abitudini errate legate a politiche gestionali non attente alle esigenze psico-fisiche di base.

A Manifesto to End Boring Meetings, dal Wall STreet Journal

A Manifesto to End Boring Meetings, dal Wall STreet Journal

L’organizzazione degli spazi di ufficio, oltre a quelli scolastici che già sono sensibilizzati al problema, non dovrebbero ignorare questo principio. Immaginiamo che aree ben illuminate dalla luce mattutina siano destinate a sale per meeting, o per pause-pranzo. Tale scelta precluderebbe la localizzazione di postazioni singole di godere appieno dell’effetto stimolante e allertante della luce naturale del mattino, abilità non particolarmente richiesta in situazioni di convivio o di confronto.    

L’industria illuminotecnica è il settore che maggiormente ha recepito l’importanza dell’aspetto dinamico nella progettazione. Essa non solo riconosce l’importanza della luce naturale, ma supporta la ricerca applicata per la realizzazione di sorgenti luminose circadiane, capaci di gestire la qualità della luce non solo per l’attenzione ai nuovi parametri, quali la distribuzione spettrale, ma anche per gli aspetti biodinamici, che restituiscono toni ed intensità diverse a seconda del momento della giornata.

La cronobiologia, da parte sua, ha da tempo accettato la sfida per capire meglio il funzionamento dei diversi processi vitali e le implicazioni cliniche di questi meccanismi, tanto da lasciare che si facesse avanti il nuovo concetto di   cronoterapia, secondo la quale la somministrazione di farmaci a orari ben definiti possono aumentare l'efficacia, diminuendo le dosi e di conseguenza gli effetti collaterali.

In un‘ottica di prevenzione piuttosto che di cura perché, allora, non pensare ad una organizzazione, sia spaziale che temporale, che tenga conto degli andamenti variabili e ciclici del nostro organismo e del sistema che ci accoglie?

Il risultato potrebbe essere ottimo se si pensa che non solo verrebbero eliminati i fattori stressanti, specialmente legati agli spazi lavorativi e scolastici, ma verrebbe migliorata l’efficacia lavorativa grazie ad una maggiore efficienza fisica e mentale.











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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)